Niente soldati, niente petrolio
Questa, in sintesi, la situazione intorno al ritiro delle nostre truppe dall’Iraq, stando alle notizie dei vari telegiornali delle ultime ore. Gli alleati hanno fatto sapere che il nostro ritiro dall’Iraq potrebbe avere conseguenze negative per l’Eni nel mercato petrolifero irakeno. Traducendo dal diplomatico-politichese il significato è chiaro: chi porta truppe estrae petrolio. E allora si può capire facilmente il significato delle parole del nostro governo: “ritirarsi senza irritare gli alleati.” Anche qui, traducendo, il significato è chiaro: accontentiamo i pacifisti senza rinunciare all’accesso al petrolio, cosa che disturberebbe molto alcuni interessi molto grandi.
Questa situazione per me era chiara fin dall’inizio ma credo che siano ancora molte le persone che non avevano ben capito il legame tra i nostri caduti e il petrolio.
Certamente, i nostri soldati hanno svolto e stanno svolgendo un grande ruolo nella pacificazione di un’area martoriata, prima dalla dittatura e oggi da terrorismo e sprazzi di guerra civile. I nostri soldati hanno addestrato le forze di polizia, hanno curato malati nel nostro ospedale da campo e hanno svolto pattugliamenti e controllo del territorio. Tutte azioni lodevoli e volte a consolidare la pace; ma resta comunque quel particolare effetto collaterale per il quale i paesi che hanno contribuito con le proprie truppe spartiranno la ricca torta petrolifera. Forse saràun caso ma i paesi che si sono opposti all’iniziativa statunitense erano quelli che prima della guerra avevano le fette più grosse nell’estrazione di petrolio dall’Iraq: Russia, Francia, Germania. E allora diventa difficile stabilire se sia più deplorevole l’azione degli Stati Uniti, che hanno comunque rovesciato una dittatura sanguinaria, o quello di paesi che celavano dietro il pacifismo il mantenimento di un vantaggioso status quo, che comprendeva anche quella dittatura.
Comunque la si guardi è sempre una brutta storia; in entrambe le situazioni, prima o dopo la guerra, si barattano vite umane per il petrolio. All’epoca di Saddam Hussein i morti erano gli oppositori del regime e i curdi, questi ultimi vittime di vere e proprie azioni di genocidio; il petrolio andava a Francia, Russia e Germania.
Dopo l’attacco, i morti sono irakeni, americani, inglesi, italiani e di tutti gli altri contingenti che hanno partecipato; il petrolio verràspartito tra Stati Uniti, Inghilterra, Italia e gli altri partecipanti in basse all’impegno profuso nella missione (leggasi morti).
La decisione non è affatto facile: acquistare il petrolio pagandolo un po’ in dollari e un po’ in vite umane; oppure pagarlo solo in dollari. L’Italia dipende in larga parte dal petrolio prodotto all’estero per il suo fabbisogno energetico.