I brevetti uccidono

Riassumo la terribile esperienza di una vittima dei brevetti software. Ad un povero malcapitato viene diagnosticato un tumore al testicolo; operato con successo rimangono alcuni linfonodi ingrossati e sospetti. Serve una PET (tomografia ad emissione di positroni) ma siccome c’è una sola macchina PET che non riesce a coprire tutte le esigenze, bisogna affidarsi alla meno accurata TAC; e si lascia una persona nella morsa dell’angoscia.

Una seconda macchina PET costa troppo e l’ospedale non può affrontare una simile spesa. Il povero malato, allora, fa una ricerca sul sito dell’ufficio brevetti degli Stati Uniti e trova che “PET AND SCAN AND ALGORYTHM” (algoritmo scansione PET) restituisce 869 brevetti. Questo vuol dire che il costo di una macchina che salva vite umane deve pagare 869 dazi su altrettanti brevetti e solo dopo la scadenza di tali brevetti (di solito intorno a 7 anni) diventa abbordabile.

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In Europa, nel corso di questo anno, abbiamo corso il serio rischio di vedere approvata una normativa che introduceva la brevettabilità del software. A parte i casi estremi come quello citato, una simile normativa avrebbe messo in ginocchio tutti i piccoli sviluppatori di software, che si sarebbero trovati di fronte colossi come Microsoft, IBM, Amazon e altri con un portafoglio brevetti e staff legali in grado di demolire chiunque.

Credo che la normativa sui brevetti vada rivista, in tutto il mondo. Da una parte vanno salvaguardati gli investimenti fatti per la ricerca ma lucrare sulla pelle di altri esseri umani mi sembra eccessivo.