Censura: in Italia come in Cina

È difficile da credere ma anche in Italia si prospetta una situazione non dissimile da quello che sta avvenendo in Cina (1, 2, 3). I dettagli della storia potete trovarli sul blog di Beppe Grillo. In poche parole, esistevano due siti internet italiani che spiegavano come fare per vedere le partite di calcio in diretta collegandosi ad alcuni server cinesi. Questi siti sono stati oscurati dalla magistratura italiana, a seguito di una denuncia di Sky, perché spiegavano come vedere le partite a sbafo. Ma la cosa veramente preoccupante è la richiesta avanzata ai provider italiani di bloccare il traffico internet verso la Cina. E se qualcuno sposta quei server in Russia o in qualche altra nazione cosa accadrà, oscureremo via via tutto il mondo?

Se i provider italiani soddisferanno le richieste (non so se già lo abbiano fatto o se si siano rifiutati) creerebbero un precedente gravissimo; un precedente secondo il quale gli interessi di una società privata sono più importanti del diritto di accesso alle informazioni. Sia ben inteso, appropriarsi indebitamente di contenuti offerti a pagamento è un reato e va perseguito; ma c’è una bella differenza tra la giustizia e la censura. E in ogni caso, esempi come questo mettono in evidenza l’inadeguatezza delle regolamentazioni nazionali di fronte a infrastrutture transnazionali come internet. La risposta corretta sarebbe quella di una apertura dei mercati e la vendita dei contenuti a pagamento a prezzi equi che rendano non conveniente rubarli. Purtroppo, lo spettro è quello di un accordo tra i governi su un meccanismo di censura globale che ci riporterebbe in pieno oscurantismo.