In arrivo l’auto ad aria

Tata Motors, la principale casa automobilistica indiana, si appresta a produrre e vendere una serie di city car alimentate ad aria compressa. La vettura sarà realizzata in materiali ultraleggeri e fibra di vetro e le varie parti saranno incollate, anziché saldate. Il motore dovrebbe avere un costo operativo di circa un euro per 100 Km e il cambio d’olio avverrebbe ogni 50.000 Km. L’autonomia del veicolo dovrebbe raggiungere i 200-300 Km con un pieno di aria compressa che costerebbe circa 1,5 Euro. La velocità massima stimata sarà di 60-70 miglia orarie e le emissioni in marcia saranno ovviamente nulle. Il progetto del motore è di una piccola azienda con base in Francia (MDI) che detiene vari brevetti sul motore e Tataè stata una delle prime a licenziare il brevetto e avviare la produzione industriale.

Le prestazioni straordinarie in termini di consumi sono da imputare in grande misura al motore: poiché il motore produce movimento rimanendo freddo, non subisce la perdita di efficienza tipica dei motori che bruciano combustibile, dove una gra parte dell’energia viene dispersa in calore. Anche il ridotto peso del veicolo contribuisce agli ottimi risultati di autonomia e consumo; rimane il dubbio sulla sicurezza passiva in caso di incidente di un veicolo così leggero.
Per il resto sembra un progetto molto interessante e utile, soprattutto in grandi centri urbani dove il traffico veicolare produce grandi concentrazioni di inquinanti.

Il grande sospetto è uno solo: perché Tata e perché solo oggi. Il progetto del motore ad aria viene portato avanti da MDI da molti anni e non è l’unico; già qualche mese fa si parlava di un progetto australiano di motore ad aria e gli impieghi ipotizzati per tale motore erano per la movimentazione merci in ambienti chiusi (miniere, depositi alimentari, ecc.) dove l’assenza di emissioni inquinanti è un requisito fondamentale.
E allora perché nessuna casa automobilistica europea o americana ha voluto investire su questa tecnologia? Si spendono somme ingenti in veicoli elettrici, sapendo che molto probabilmente non potranno mai raggiungere costi di esercizio e produzione competitivi, per via delle batterie: pesanti, costose e inquinanti. Stiamo lasciando l’iniziativa della ricerca e dell’innovazione a paesi che fino a qualche anno fa avevano ben altri problemi e che hanno il potenziale per soffocarci economicamente.

Non è che dietro questa mancanza di fantasia e di propensione alla sperimentazione ci siano i soliti squali?

Riferimenti: Slashdot, Gizmag, MDI